Giostra dell'Orso

IL PALIO E IL BANDO

Il palio deriva il suo nome dal “pallio” ovvero un’ampia pezza di stoffa di velluto cremisi, lunga ventiquattro braccia, che costituiva l’ambito premio per i concorrenti alla gara. Nel passato, per disposizione statuaria, spettava agli Operai di San Jacopo, un’istituzione formata da laici che si occupava di tutte le questioni inerenti alla Cappella del santo ed ai festeggiamenti in suo onore, confezionare ogni anno due palii: uno da offrire all’altare di San Jacopo e l’altro al berbero vincitore della gara. I Capitani del Popolo, i Podestà e le Corporazioni delle Arti erano tenuti a contribuire all’acquisto. Negli ordinamenti del popolo di Pistoia approvati nel 1284 era stabilito, per quanto riguarda i festeggiamenti, che il Capitano del Popolo insieme con gli Anziani “provvedesse a spese del Comune, un Pallio del valore di circa dodici lire, il quale alla processione della vigilia della festa fosse portato all’ordine del corteggio, innanzi a loro e fosse offerto all’altare del Santo”. Il palio consisteva (come ancora oggi a Siena) in un drappo o gonfalone di stoffa preziosa, adorna di nappe, frange, nastri e tessuti pregiati. Ce ne fornisce descrizione dettagliata all’inizio del XVIII secolo Cesare Godemini che dice:

“Più braccia di velluto cremisi diviso con striscia di teletta d’oro formano al presente questo palio, quale con sua fodera di taffettà verde ed altri ornamenti di trine d’oro e d’argento, nappe, nastri ed altro […]”.

Il palio era quindi adornato perfino con oro e argento che gli conferivano un alto valore pecuniario e artistico.

Durante il Rinascimento il palio talvolta era di stoffa, talvolta era ricamato a figure da specialisti di Firenze, altre volte ancora era dipinto da pittori famosi. Sulla scia di questa antica tradizione, il Comune di Pistoia si rivolge oggi esclusivamente ad artisti locali per la sua raffigurazione, come già accadde nel 1947 quando Piero Bongiovanni dipinse il bozzetto che divenne motivo del palio dell’anno suddetto. Un mese prima della “galoppata” il palio era montato su aste appositamente preparate e dipinte e portato in mostra per le strade più frequentate di Pistoia dai “tavolaccini” (uscieri) del Palazzo degli Anziani, i quali erano accompagnati nel loro giro, da quattro trombettieri comunali a cavallo che con uno squillo di tromba annunciavano la lettura del seguente bando:

“A laude, gloria e mantenimento possa essere e sia dello Onnipotente Iddio e di Santa Maria sempre Vergine e di tutta la Celestial Corte trionfante del Paradiso e dell’Apostolo Baron Messere Santo Jacopo. E a laude e gloria e mantenimento possa essere e sia del nostro serenissimo Granduca di Toscana, che Iddio levi lui e mantenga per mare e per terra. E a laude e mantenimento possa essere e sia de nostri Ill.mi Sig.ri Priori, Gonfaloniere di Giustizia e del loro onorevole notaio e delli Operai dell’apostolo Barone Messere Santo Jacopo che fanno pubblicamente bandire la festa dell’apostolo Barone Messere Santo Jacopo, che ogni uno possa venire otto dì avanti la festa, il dì della festa, otto dì dopo la festa sani, salvi e sicuri, eccetto che ribelli, banditi o condennati uomini di mala pubblica voce e fama: se ci fosse Papa, Imperatore, Re, Duchi, Marchesi, Conti, Artieri che avesse un buon cavallo e lo volesse mettere alla intenzione di questo palio, venga il 24 del mese prossimo chè, sennò, vada dal notaio dei magnifici signori, faccialo scrivere, faccialo ben fornire, bene adornare, da tutti i quattro piedi faccialo ben ferrare, e chi non lo può far correre faccialo volare, sapendo che il Palio di gran prezzo sarà, l’uomo o la donna indosso lo porterà, e chi sarà avanti, averà il Palio.”

Gonfaloni dei Rioni di Pistoia